
“E nel sibilio delle lame levarsi, nulla fu udito dei proiettili fischiare“… ovvero, come ci rendono funzionale il Covid-19 alla destrutturazione dell’Occidente, coordinata su più livelli.
L’onda roboante è partita da Est, dal gigante rosso; prima in sordina, seguendo i taciti dettami consoni al regime comunista che, pur consapevole del concreto rischio pandemico sin da fine novembre, ha tentato maldestramente di minimizzare il numero dei contagiati e occultare le previsioni di capillarità; poi, gonfiandosi e portandosi con sé migliaia di infetti, centinaia di decessi e mezza Asia coinvolta. Questo fino ai primi di gennaio. Da allora, la marea del Coronavirus (all’anagrafe Covid-19) si è infranta sul resto del mondo, intaccando in special modo i Paesi più economicamente “interessanti”, per cinesi e non solo.
Ad oggi si annoverano 245’484 contagi, di cui 41’035 in Italia, e 10’031 morti, 3’405 italiani, in costante crescita. Al di là della clinica statistica, non vi ammorberò con l’ennesimo scritto di cronaca sul virus e su quanto dovremmo fare per tutelarci. La cosiddetta zona rossa è stata ormai, e tardivamente, estesa all’intera Penisola e, i focolai, si stanno moltiplicando a rotta di collo. Premessa: l’esecutivo ha cannato su tutta la linea; ha sminuito l’epidemia che stava soffiando da Oriente con la tipica retorica progressista cui siamo stati abituati (#abbracciauncinese e pagliacciate varie), ventilando lo spauracchio del fascismo《come un virus peggiore del Corona》, affidandosi ai blandi moniti tranquillizzanti della Gismondo, su come si trattasse di 《una semplice influenza》 e minacciando ripercussioni gravi per tutti coloro che cercavano di instillare il buon senso civico nel prossimo (vedasi finanche Burioni), per poi spargere il caos una volta che l’influenza si è estesa a macchia d’olio nel Lombardo-Veneto. Una magistrale dimostrazione di inettitudine, incompetenza e complicità del governo abusivo, che mai si smentisce, anche sotto emergenza, e che seguita a dimostrarsi debole e titubante.
Ciò che vorrei esaustivamente esplicare, invece, sono i risvolti che una catastrofe di questa portata ingenererà in Italia che, è doveroso ricordarlo, non si è mai realmente ripresa dalla recessione del 2008-2009, lasciando enormi strascichi nella piccola e media impresa nostrana in particolar modo. Partite IVA costrette a dichiarare fallimento (circa 135’882 dal 2008), impiegati e operai licenziati per improrogabili tagli al personale (vedasi i clamorosi casi di Mirafiori ed Ilva), commercianti e imprenditori portati al suicidio da uno Stato complice e asservito ai dogmi neoliberisti (se ne contano più di 1’000 dal 2012), e pochi nuovi assunti perfino tra i giovani, con pseudocontratti sempre meno stabili e sempre più prossimi alla schiavitù legalizzata (incrementano invece i part-time del 23,9% nel periodo 2008-18).
Il Coronavirus, forzando la sospensione a tempo indeterminato del circa 70-75% delle attività lavorative, causerà un ulteriore massacro alla nostra economia, gettandoci in un declino ancora più profondo, paragonabile soltanto agli scenari postbellici di svariate decadi fa; soltanto che ora, smarrito il nerbo morale e spirituale che ancora animava i nostri padri al termine del secondo conflitto mondiale, intenti, chi dai borghi diroccati dalle bombe Alleate, chi da lontano, dalle miniere alsaziane, fiamminghe e della Ruhr, inviando denaro ai parenti rimasti, a ricostruire un Paese sin dalle fondamenta, muovendosi tra macerie di ogni tipo, i nostri contemporanei, talmente ammansiti da più di mezzo secolo di indottrinamento neo-marxista, si rivelano completamente ed ontologicamente incapaci di affrontare una simile catastrofe. La cesura è totale.
Ah, e per la cronaca, stanno per approvare il MES, il provvedimento europeo che prevederà la sempre maggiore compromissione delle finanze pubbliche in favore di una presunta tutela da parte dell’Unione: in soldoni, un fondo salva-banche volto al dissanguamento ulteriore delle casse statali, un pizzo che si farà più gravoso anno dopo anno, accelerando così il default di interi Stati col pretesto dell’insolvenza; Stati che, in virtù di eludere il regime di insolvenza, dovranno sottostare a standard europei già attualmente impraticabili: un deficit inferiore al 3% del PIL, un rapporto debito/PIL sotto il 60%, e alcuna procedura per disavanzi eccessivi in corso. Per tutti gli Stati colti in trasgressione di anche solo una delle condizioni (l’Italia presenta un tasso debito/PIL sopra il 130%, tanto per dire), scattano le condizioni capestro, pur di accedere a qualsivoglia “prestito” dalla BCE. In tal caso, anche quel briciolo di sovranità rimastaci, in uno Stato, è bene ricordarlo, che si serve di una moneta straniera e si fa dettare l’agenda fiscale ed economica da Bruxelles, sarà compromessa ulteriormente, consegnandola in mano ad un nugolo di burocrati del MES capeggiato da un certo Klaus Regling, nei cui confronti vigerebbe la piena immunità civile e penale. Costui, in caso di trasgressione dell’Italia, potrebbe procedere alla ristrutturazione preventiva del nostro debito pubblico attraverso la svalutazione di titoli statali di durata superiore a un anno, emessi da gennaio 2022. Siccome oltre l’85% di quei titoli sono detenuti da banche e risparmiatori italiani, la ristrutturazione del debito tramite gli stessi risulterebbe in un salasso mortale per il Paese, in primis per le banche nostrane, obbligate ad aumenti di capitale per arginare le perdite, e in secundis per le imprese, specialmente piccole e medie, la colonna vertebrale stessa della nostra economia, impossibilitate a ricevere prestiti dalle banche, ormai prive di risorse, se non a condizioni da strozzinaggio, per investirli.
Si naviga a vista, come sempre di questi tempi, e i mesi che ci attendono all’orizzonte si preannunciano funesti.
Venge